Foto: quattroruote.it

Tanto tuonò che piovve. Frase più azzeccata non poteva esserci dopo lo scandalo soprannominato “diesel-gate” che ha colpito il colosso Volkswagen. A una settimana dalla “scoperta” dell’EPA, l’agenzia di protezione americana che accusato l’azienda tedesca di aver falsato i risultati dei test relativi alle emissioni dei motori diesel venduti come il 2.0 TDI, arrivano importanti novità anche per altre case automobilistiche. Infatti, come riporta repubblica.it, stando a uno studio condotto dall’European Federation for Transport and Environment AISBL, anche diverse aziende del settore dell’auto barerebbero i test relativi alle emissioni anti-inquinamento.

La Federazione nata nel 1990, che opera nel campo dei trasporti e dell’ambiente, in grado di promuovere il modello del trasporto sostenibile in Europa nei giorni scorsi ha svelato dei dati interessati riguardanti lo scandalo che sta creando non pochi grattacapi all’azienda teutonica. Nello studio, denominato “real-world car CO2 emissions”, svela i “trucchi” di molte case automobilistiche che hanno l’abitudine di manipolare tali test. Secondo l’AISBL, inoltre, ci sarebbe una differenza abissale tra i dati dei test e le reali prestazioni. Nel 2001 questa “forbice” era dell’8% mentre nel 2012 e nel 2014 il divario registrato è stato rispettivamente del 31% e 40%. Una discrepanza incredibile che sarebbe potuta aumentare ancora di più senza la scoperta dello scandalo Volkswagen. Sempre Repubblica.it, riporta come da Bmw a Mercedes, passando per Toyota, Peugeot e Renault, quasi tutte le case automobilistiche sarebbero coinvolte.

Il termine “manipolare”, tuttavia, non sarebbe del tutto illegale in virtù della legge che permette questo tipo di “trucco”. Grazie al rapporto dettagliato dell’European Federation for Transport and Environment AISBL, si può tranquillamente decifrare come avvengono questi test. La vettura interessata viene posizionata sui rulli, ma con alcuni accorgimenti rappresentati dal climatizzatore smontato, dagli pneumatici speciali gonfiati “a cannone” con mescole ad aderenza minima e da freni che riducono lo “strofinio”. La medesima fase di omologazione (auto con il motore al minimo per 5 minuti su rulli) è parecchio lontana dalla realtà. I responsabili di questo studio, proprio per fare chiarezza, affermano: “Il nostro rapporto mostra definitivamente -riporta Repubblica.it- che gli attuali sistemi di prova del veicolo non funzionano e che è necessario arrivare a nuovi test, molto più severi e, soprattutto, realistici, sulla strada e non solo nei laboratori”.

Il rapporto dell’European Federation for Transport and Environment AISBL

Il trucco dei test sui rulli