Dare sempre la colpa alla crisi è un atteggiamento che, da parte della Fiat ha abbastanza stufato: esasperati sono soprattutto i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano D’Arco, che anche questo mese saranno obbligati a non lavorare per la “scarsa richiesta di veicoli”. La scusa della casa automobilistica non regge più su neanche un punto di quelli che un anno fa sarebbero ancora stati validi. Il mercato dell’auto è da gennaio in netta ripresa, e soprattutto a Pomigliano vende prodotta la Panda, ossia l’auto più venduta in Italia con 88.000 esemplari solo da questo gennaio.

Fatto sta che i lavoratori dello stabilimento campano non lavorano dal 16 ottobre e, nonostante lo stabilimento dovesse riaprire il 24, il ritorno al lavoro è stato posticipato fino al 28 di questo mese. “Una situazione ingestibile” dichiara la sigla sindacale Fiom in una nota “i lavoratori hanno bisogno di garanzie in questo periodo di lentissima ripresa del mercato automobilistico, ma l’azienda si rifiuta di fornirle”.

La situazione della Fiat è però nota a tutti: un’azienda che è lentissima nell’innovare e, quando lo fa, agisce puntando esclusivamente sul fattore risparmio: a Pomigliano sono state prodotte senza problemi di cassa integrazione le Alfa Romeo, auto con un giro di affari estremamente minore rispetto all’utilitaria torinese, e solo ora che la Fiat sta delocalizzando buona parte della produzione vengono fuori i problemi? Forse la casa potrebbe sforzarsi ad affiancare alla Panda un altro modello da produrre a Pomigliano, magari l’italianissima 500 che, molto patriotticamente, viene prodotta in Polonia.

Troppo comodo dare la colpa alla crisi per un atteggiamento aziendale che ha portato alla svalutazione e alla delocalizzazione del lavoro e della stessa Fiat dal punto di vista finanziario, e questi comportamenti da parte delle aziende vanno assolutamente contrastati perché, ogni tanto, anche gli italiani dovrebbero indignarsi per qualcosa che sia più importante dell’ultima nomination al reality show di turno.