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«Si stava meglio, quando si stava peggio». Un detto popolare che, ogni giorno, ognuno di noi legge e rilegge su Facebook, Twitter e altri social network, ma non solo. Dunque, in alcuni casi, non sempre una novità è sinonimo di miglioramento. In una scala da 1 a 10, tale frase rappresenta alla perfezione, toccando il 10 pieno, il momento che sta attraversando la Ferrari in Formula 1. Il Mondiale piloti, abbinato a quello costruttori, è stato perso da mesi, specialmente da aprile in poi. E se le primissime gare erano state caratterizzate da risultati accettabili, successivamente si è visto solo uno spettacolo indegno.

Tra strategia errata, pneumatici che scoppiano a causa dei detriti e cambio rotto, le rivali della Rossa hanno avuto vita facile rispetto allo scorso anno. Una stagione al di sotto delle aspettative che, di fatto, ha cancellato i progressi della scorsa annata, quando la Ferrari aveva impensierito, in più di un’occasione, specialmente la Mercedes. E il presidente Sergio Marchionne, arrivato per dare una scossa al Cavallino Rampante, sta attuando la politica dell’epurazione. Una scelta dolorosa, ma necessaria, perché la Ferrari, soprattutto nel mondo delle corse, viene prima di qualsiasi cosa. Addio, così, a James Allison, Antonio Spagnolo e Corrado Lanzone, rispettivamente direttore tecnico, specialista gomme e direttore della produzione. Tre elementi di spicco della scuderia, salutati senza troppi problemi per cercare di voltare finalmente pagina, per tornare a vincere dopo il 2007, l’anno nel quale Kimi Raikkonen conquistò l’ultimo titolo Ferrari nella categoria piloti. E da quel momento se ne sono viste di tutte i colori, compresi piloti, sulla carta favoriti, che poi non hanno trovato il giusto feeling con la rispettiva monoposto.

La SF16-H, così, presentata come la macchina perfetta per migliorare ancora di più i risultati dell’annata 2015, è risultata debole su qualsiasi circuito. E non bisogna prendere in considerazione i pochi podi ottenuti da Vettel e Raikkonen, perché, nella maggior parte di quei casi, si poteva e doveva fare di più. La Ferrari, attualmente, è un cantiere aperto, dove la parola più ricorrente è quella del cambiamento. Sergio Marchionne, vuoi per non accelerare i tempi del post Montezemolo, nei mesi scorsi aveva lasciato quasi tutto immutato. Adesso, però, causa risultati negativi, ha iniziato nel suo processo di restyling. Quel restyling ormai obbligatorio per puntare, nei prossimi due anni, alla conquista di almeno un titolo iridato. E la scelta di interrompere il rapporto con Corrado Lanzone dopo 19 anni la dice lunga sulla voglia di rinnovamento in casa Ferrari. Secondo il portale Motorsport.com, sarebbe stato addirittura il numero uno di Maranello a decidere l’addio di Lanzone, elemento importante in grado di monitorare costantemente i processi produttivi della Scuderia.

Ma adesso non è più tempo di cincischiare. Il 2017 deve essere l’anno della svolta anche perché è inammissibile che, un team come quello di Maranello, non sia più riuscito a vincere negli ultimi dieci anni. E si deve rischiare come fece Jean Todt nel 1996 quando, nel corso della stagione, il musetto dell’allora F-310 di Michael Schumacher fu rialzato, ottenendo, oltretutto, buoni risultati. Erano altri tempi, non c’era tutta la tecnologia di adesso e gli ingegneri azzardavano di più. Proprio come dovrebbero fare quelli dell’attuale Ferrari, per riacciuffare entrambe le Mercedes, imprendibili anche in questo Mondiale. Per montare nuovamente un giocattolo incredibilmente straordinario. Per festeggiare i successi.