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Ricordate quello spot televisivo “Turista fai da te? “No Alpitour!? Ahi! Ahi! Ahi!”. Simpatico, si, che potrebbe essere riproposto riguardo l’argomento bollo veicoli storici. Basta sostituire il nome dell’importante agenzia viaggi e il gioco è fatto. Battute a parte, il problema relativo ai mezzi ultraventennali è più grave del previsto. Se nei precedenti articoli abbiamo trattato le cause che effettivamente sta provocando l’effetto della Legge di stabilità 2014, oggi vi sveliamo come, da quasi due anni, una soluzione per difendere l’amore degli appassionati non sia stata presa in considerazione da nessuno.

In Italia, ci sono tanti amanti dei motori che, oltre a possedere veicoli storici, stanno perdendo il lavoro. Domandate al tappezziere di fiducia (bravo ad occuparsi della restaurazione di auto, moto d’epoca) cosa ne pensa del provvedimento adottato dal Governo. Domandate quanta occupazione andrà in fumo nei prossimi giorni e poi fatevi due conti. Ovviamente questi quesiti sono posti all’attenzione della politica italiana che, quasi certamente, non risponderà in nessuna maniera.

Però, mettendo da parte ancora una volta l’orgoglio, siamo andati a spulciare alcune proposte che, ovviamente, forse non sono mai state lette da qualche addetto ai lavori. Nel 2014, infatti, il RIVS (Registro Italiano Veicoli Storici) ha chiesto fortemente come la denominazione di veicolo storico debba dipendere dalla passione del proprietario. Le loro parole furono: “non sono la marca o il modello a rendere l’auto storica, ma la passione con cui il proprietario la conserva”. Ci spieghiamo meglio. Ad esempio, un signore di 40 anni, può amare un’auto, una moto prodotta 20 anni fa a differenza di un altro cittadino che, di fronte a un veicolo di 31 anni, non mostra nessuna attenzione, usandolo per lavoro o cose private. A questo suggerimento si è preferito fare “orecchie da mercante”, favorendo il silenzio che ha portato a questa situazione. E allora, è proprio il caso di dire: Ahi! Ahi! Ahi!.