Credits: Official Page Facebook of Maverick Viñales/Maverick Viñales@MaverickVinalesOficial

Un detto antico, ma sempre attuale, recita più o meno così «Chi è bravo, lo dimostra in qualsiasi cosa». Parole sentite e risentite una miriade di volte e indirizzate soprattutto ai giovani. Quei giovani che dovrebbero mandare avanti il mondo con nuove idee, professionalità e sacrificio. Il 1995, ad esempio, è stato un anno importante proprio in questo senso. L’Unione Europea ha accolto Austria, Svezia e Finlandia. Valeri Polyakov vive per ben 366 giorni nello spazio. Dialog Telekom lancia in Sri Lanka il primo telefono cellulare. Viene fondata Ebay. Viene formalizzato l’accordo di Dayton, che di fatto sancisce la fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina.

Ma il 1995 è anche il periodo di Maverick Viñales Ruiz, venuto alla luce in una clinica di Figueres, città della Catalogna, posizionata nella provincia di Girona. Un posto di Spagna incantevole, anche perché il mare della Francia è lì, a due passi. Un posto che ha dato i natali anche a Salvador Dalì, artista mai dimenticato da tutto il mondo.

E per le strade di Figueras (in castigliano), sin dai primi anni, il piccolo Viñales già dava sfoggio delle sue qualità di pilota, trovando anche il consenso della sua famiglia, fortunata ad avere tra le mura di casa un altro amante dei motori e un altro pilota come Isaac Viñales, cugino del protagonista in questione. Così, grazie a un talento fuori dal comune, il piccolo Maverick viene notato da molti addetti ai lavori. E il nome di battesimo non è casuale. Celebra, in tutto e per tutto, le festa di Tom Cruise nel celebre film «Top Gun».

Viñales, dopo una gavetta durata «solo» 14 anni, nel 2009 inizia a prendersi la scena insieme a suo cugino Isaac, nel campionato spagnolo della classe 125. Ottiene un ottimo secondo posto, non prima di registrare la sua prima vittoria sul circuito di Jerez. In quell’occasione, osservatori di vari team si sfregano le mani. «Abbiamo scovato un talento» dice qualcuno, convinto della bravura del ragazzetto capace di rubare applausi anche ai non amanti delle moto e dei motori in generale.

Immediatamente viene ingaggiato nella classe 125 dall’Aprilia Pev-Blusens-SMX-Paris Hilton, brava a credere in lui. E il 15 maggio 2011 fa veramente capire di che pasta è fatto, andando ad ottenere un successo ai danni di Nicolás Terol, superato all’ultima curva con un sorpasso da campione. Dal quel momento in poi, anche grazie a risultati sempre più positivi, il «diavoletto spagnolo» attira l’attenzione delle squadre più importanti del motomondiale che lo iniziano a seguire con più attenzione.

Viñales, comunque, non è solo bravura e moto. Ha dalla sua una personalità che, specialmente dalla giovane età, è difficile da trovare. Ad esempio, il 19 ottobre del 2012, prima del GP della Malesia, rifiuta di salire in sella alla sua Aprilia Pev-Blusens-SMX-Paris Hilton perché poco competitiva. Nonostante i richiami, lo spagnolo non salirà su quella moto. Come uno che sa quello che vuole. Così, nel 2013, passando al Team Calvo, ottiene finalmente il primo e unico Mondiale della sua carriera, trionfando nella Moto3.

Una sorta di trampolino di lancio verso la Moto2 e verso la Suzuki, team che se lo accaparra tra la folta concorrenza. Una scelta sensata quella di Maverick che, con la squadra nipponica, migliora giorno dopo giorno. Le sue qualità sono il coraggio, il sacrificio e l’umiltà. In pista, invece, si trasforma rispetto alla sua vita quotidiana. Sorpassi, staccate pulite e velocità supersonica la fanno da padrone in qualsiasi gara, persino sui circuito dove il bagnato è il pericolo numero uno.

Anche per questo, il classe ’95, da molti considerato un fenomeno è, forse, il degno erede di Valentino Rossi. Guarda caso, dal prossimo anno affiancherà il Dottore in Yamaha, formando una coppia di tutto rispetto, dove la tecnica sarà tutto. Ma Viñales non ha paura di questo, anche se Rossi può rappresentare un ostacolo: «La sua immagine può schiacciarti, farti diventare un signor nessuno», disse il «tenente» Maverick dopo l’ufficialità del suo approdo in Yamaha.

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Ne siamo certi. La prossima annata della MotoGP sarà incredibilmente emozionante e ricca di colpi di scena, anche perché Rossi, dal canto suo, non teme Viñales, ma lo considera l’astro nascente delle moto. E chissà che la Yamaha, tra 400 giorni, non possa festeggiare un’altra doppietta mondiale. Intanto a Silverstone c’è già stato un piccolo antipasto…