Foto: giornalettismo.com

Un nuovo caso di dieselgate all’orizzonte, questa volta con protagonista Renault? Non si sa. Ogni notizia, ormai, che riguarda le emissioni degli ossidi di azoto (NOx), dopo il caso Volkswagen, ha un eco abbastanza forte in tutto il mondo, causando immediatamente allarmi incompresi. Nei mesi scorsi, ricordiamolo, l’azienda tedesca aveva ammesso di aver usato il software “incriminato”, studiato per falsare i test sulle emissioni. Nelle scorse, questa accusa è stata rivolta anche a Renault, con tutte le conseguenze del caso, a cominciare dalla perdita in borsa del titolo della casa francese.

Ma, Renault c’entra veramente qualcosa con il diesegate? Anzitutto, per rispondere a questa domanda bisogna fare chiarezza in tutto e per tutto, ricostruendo i fatti. Subito dopo i noti fatti che hanno coinvolto il Gruppo Volkswagen, l’azienda transalpina aveva annunciato investimenti pari a 50 milioni di euro proprio per ridurre le differenze tra il livello di emissioni registrato dai propri veicoli, impegnati nei test, e il livello reale, ossia su strada. Nella giornata di ieri, il sindacato francese Cgt fa sapere ai media, l’indiscrezione che parla di una visita degli agenti governativi presso gli impianti Renault ubicati a Lardy, in Francia. Una notizia che, immediatamente ha fatto scattare il tam-tam nei giornali e nei siti web, immediatamente “sospettosi” dell’accaduto, tanto da parlare di un nuovo possibile scandalo dieselgate. A cavalcare l’onda, poi, ci si è messa anche France Presse che, citando il già menzionato sindacato francese Cgt, ha parlato del sequestro di alcuni computer aziendali da parte degli investigatori transalpini.

Un autentico boom, così, che ha interessato Renault, costretta a smentire la realtà dei fatti. La casa francese, come tratto dal ilsole24ore.com, ha spiegato come «gli investigatori hanno deciso di effettuare controlli aggiuntivi nelle fabbriche». I test, inoltre, fino a questo momento non hanno «evidenziato meccanismi falsificati sulle emissioni» con lo storico marchio che sta «pienamente cooperando con le ulteriori indagini in corso». «La Direction Générale de l’Energie et du Climat (Dgec), interlocutore pilota della Commissione tecnica indipendente per conto del ministero francese dell’Ecologia, ritiene fin d’ora che la procedura in corso non evidenzierebbe la presenza di un software truccato sui veicoli Renault». Insomma una secco no alle accuse di molti.

Poco più tardi, a spazzare via la maggior parte dei dubbi, sono arrivate le affermazioni di Ségolène Royal, ministro responsabile dell’Ambiente e dei Trasporti, che ha parlato di «un superamento dei limiti fissati dalle norme sugli ossidi di azoto e CO2, ma senza che ci sia nessuna frode». Ricordiamo, tuttavia, che il motore 1.6 DCI comprende le centraline marchiate Bosch Edc17, che nascono dalla stessa gamma di quelle per i propulsori Volkswagen EA 189 finiti nel vortice dello scandalo dieselgate.